giovedì 16 gennaio 2014

Ego

L'Ego e una ferita

Il bambino, quando nasce, non ha alcuna conoscenza, alcuna coscienza di sé. Anche dopo la nascita, la prima cosa di cui il bambino diviene consapevole non è se stesso. La prima cosa di cui diventa consapevole è l’altro. È naturale, visto che gli occhi si aprono sull’esterno, le mani toccano gli altri, le modo. Attraverso l’apprezzamento, l’amore, le attenzioni, sente di essere buono, di valere qualcosa, di avere un significato. Si crea un centro. Ma questo centro la sua reale essenza. Egli ignora se stesso. Sa solo quello che gltri pensano di lo è proprio questo: un riflesso, quello che pensano gli altri. Se nessuno pensa che lui sia utile, se nessuno lo apprezza, nessuno gli sorride, anche in questo caso si forma un ego, un ego malato, triste, reietto, simile a una ferita, con un senso di inferiorità, di mancanza di valore. Anche questo è un ego. Anche questo è un riflesso. Prima la madre – e la madre, all’inizio, è il mondo – poi gli altri che si aggiungono alla madre, e il mondo continua a crescere. E più il mondo cresce, più complesso diventa l’ego, perché riflette le opinioni di molti. 

L’ego è un fenomeno di accumulo, un sottoprodotto della vita sociale. Se un bambino vivesse totalmente da solo, non svilupperebbe mai un ego. Ma questo non servirebbe. Sarebbe come un animale. Non significa che arriverebbe a conoscere il suo sé reale, no. Il reale può essere conosciuto solo attraverso il falso, quindi l’ego è necessario. Ci si deve passare attraverso. È una disciplina. Il reale può essere conosciuto solo attraverso l’illusorio. Non è possibile conoscere direttamente la verità. Prima devi capire cosa non è vero. Prima devi incontrare il falso. Grazie a questo incontro potrai conoscere la verità. Se riconosci il falso come falso, la verità ti si rivela.

L’ego è necessario, è una necessità sociale, è un prodotto sociale. La società è tutto ciò che ti circonda, il non-io, tutto quello che ti circonda. Tutto, tranne te, è società, e ognuno è un ‘riflettore’. Vai a scuola e l’insegnante ti rivela chi sei. Fai amicizia con altri bambini e loro ti rivelano chi sei. A poco a poco, ognuno aggiunge un pezzetto al tuo ego, e tutti cercano di modificarlo in modo che tu non possa creare problemi alla società.
A loro, tu non interessi. A loro interessa la società. La società pensa a se stessa, ed è così che deve essere. A nessuno interessa che tu conosca te stesso. A loro interessa che tu diventi un ingranaggio efficiente all’interno del meccanismo chiamato società. Devi adattarti alla struttura. Per questo cercano di darti un ego che si adatti alla società. Ti insegnano un codice morale. Il codice morale corrisponde al tentativo di darti un ego conforme alla società. Se sei immorale, sarai sempre un disadattato, in un modo o nell’altro.

La società crea un ego, perché l’ego può essere manipolato e controllato; il sé non può mai essere controllato o manipolato, nessuno ha mai sentito di una società che controllasse il sé, impossibile. E il bambino ha bisogno di un centro, il bambino è del tutto inconsapevole del proprio centro. La società gli fornisce un centro e il bambino a poco a poco si convince che quello, l’ego datogli dalla società, è il suo centro. L’ego è sempre insicuro, sempre affamato, sempre alla ricerca di apprezzamenti. È per questo che continui a chiedere attenzione.

Se il marito entra in una stanza e non guarda la moglie, ci saranno dei problemi. Se gli interessa di più il suo giornale, ci saranno dei problemi. Come osa preferire il giornale, quando sua moglie è lì? Per questo sorgono sempre difficoltà. Se un uomo è un grand’uomo, allora la moglie sarà sempre un problema. E vale anche il contrario: se una donna è una gran donna, suo marito sarà sempre un problema. Chiedete alle mogli dei grandi uomini. Un grand’uomo ha cose importanti da fare. Un Socrate… gli interessava di più la meditazione che la moglie, e questo produsse una ferita. La moglie di Socrate lo tormentava di continuo. Lui era sempre occupato da qualcos’altro.
“C’è qualcosa di più importante di me?”. Questo è uno shock per l’ego.

Sono gli altri a darti un’idea di chi sei. Non hai un’esperienza diretta. È dagli altri che ricevi un’idea su chi sei. Sono loro a modellare il tuo centro. Ma tale centro è falso, perché il tuo centro lo porti dentro di te. Nessun altro ne sa nulla. Nessuno può modellarlo. Vieni al mondo con lui. Nasci con lui.
Quindi hai due centri. Uno, con il quale nasci, che ti viene dato dall’esistenza stessa. Ed è il sé. E l’altro, creato dalla società, che è l’ego – un’entità falsa – e uno stratagemma molto complicato. Attraverso l’ego, la società ti controlla. Devi comportarti in un certo modo, perché solo allora la società ti apprezza. Devi camminare in un certo modo, devi ridere in un certo modo, devi seguire una linea di condotta, un codice morale. Solo allora la società ti apprezza, e se non lo fa, il tuo ego ne é scosso. Quando l’ego è insicuro, non sai né dove sei, né chi sei. Gli altri te ne danno un’idea. E quell’idea è l’ego.

Cerca di capirlo il più profondamente possibile, perché è questo che devi buttar via. E finché non lo getti via, non riuscirai a entrare in contatto con il sé. Poiché sei assuefatto al centro, sei incapace di muoverti, e non puoi vedere il sé.
E ricorda, ci sarà un periodo intermedio, un intervallo, in cui l’ego sarà in frantumi, e tu non saprai chi sei, non saprai dove stai andando, in cui tutti i confini saranno svaniti. Sarai semplicemente confuso – un caos. È questo caos che genera la paura di perdere l’ego. Ma così dev’essere. Bisogna passare attraverso il caos per raggiungere il centro reale del sé.
E se osi, questo periodo sarà breve. Se hai paura, e ricadi nell’ego, e cominci a ricomporlo, allora sarà molto, molto lungo: puoi sprecare molte vite.
L’illuminazione è sempre improvvisa. Non esiste l’illuminazione graduale. La gradualità esiste se non osi: nasce dalla paura. In quel caso fai un passo verso il centro, il centro reale, ti impaurisci – e torni indietro. Assomigli a un bambino che se ne sta sulla soglia di casa, vuole uscire, ma fuori è buio. Guarda fuori, e torna indietro, poi raccoglie di nuovo un po’ di coraggio e si affaccia.

Ho sentito la storia di un bambino in visita ai nonni. Aveva solo quattro anni. La sera, quando la nonna lo metteva a letto, lui piangeva e diceva: “Voglio andare a casa. Ho paura del buio”. Ma la nonna gli diceva: “So benissimo che anche a casa dormi al buio, non ho mai visto una luce accesa. Perché qui hai paura?”. Il bambino rispondeva: “Hai ragione, ma quello è il mio buio. Questo buio non lo conosco per niente”. Persino con il buio tu dici: questo è mio.
Fuori – un buio sconosciuto. Con l’ego tu dici: questo è il mio buio. Può essere pesante, può crearmi un sacco di guai, ma resta pur sempre mio. Qualcosa a cui afferrarsi, qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa sotto i piedi: non sei nel vuoto, non sei nel nulla. Magari sei infelice, ma almeno ci sei. Anche l’essere infelice ti dà la sensazione di ‘io sono’. Se ti muovi, la paura prende il sopravvento, cominci a temere il buio dell’ignoto, e il caos – perché la società è riuscita a ‘far luce’ su un pezzettino del tuo essere.
È come se fossi andato in una foresta. Ti sei creato uno spazio sgombro, hai liberato il terreno, messo una recinzione, ti sei costruito una capanna, hai creato un giardino, un praticello, e ti senti bene. Oltre la recinzione c’è la foresta, un mondo selvaggio. Qui va tutto bene, hai pianificato tutto. 

È successo così. La società ha creato uno spazio sgombro all’interno della tua consapevolezza. Ha ripulito un pezzettino, e lo ha recintato. Lì, tutto va bene. È quello che fanno in tutte le università. La cultura e l’educazione non fanno altro che ripulire una parte, affinché tu ti ci senta a proprio agio. Ma poi diventi pauroso: oltre il recinto c’è il pericolo. 
Oltre il recinto ci sei tu, come dentro il recinto – e la tua mente conscia è solo una parte, un decimo del tuo essere. I nove decimi ti attendono al buio. E in quei nove decimi, da qualche parte, è nascosto il tuo vero centro.
Occorre osare, essere coraggiosi. Occorre addentrarsi nell’ignoto. Per un po’ tutti i confini svaniranno, per un po’ ti sentirai confuso, per un po’ avrai paura e ti sentirai scosso, come se fosse successo un terremoto. Ma se sei coraggioso e non torni indietro, se non ricadi nell’ego e prosegui, c’è un centro nascosto che ti porti con te da molte vite. Quella è la tua anima, l’atma, il sé. Una volta che ti avvicini, tutto cambia, tutto si ricompone di nuovo; ora però questa ricomposizione non viene fatta dalla società. Ora tutto diventa un cosmo, non un caos, nasce un nuovo ordine. Ma non è più l’ordine della società – è l’ordine dell’esistenza stessa.
Buddha lo chiama dhamma, Lao Tzu lo chiama tao, Eraclito lo chiama logos. Non è creato dall’uomo. È l’ordine dell’esistenza stessa. Allora tutto, all’improvviso, è di nuovo bello, e per la prima volta realmente bello, perché le cose create dall’uomo non possono essere belle. Al massimo ne puoi nascondere la bruttura, tutto qui. Le puoi abbellire, ma non possono mai essere belle. 

L’ego è di plastica, ma sembra permanente. Ricorda, l’eternità non è permanenza. L’eternità è sempre in movimento. L’eternità si muove attraverso il cambiamento. L’eternità è cambiamento continuo, eppure rimane la stessa: cambia, eppure rimane la stessa, si muove, eppure non si muove mai.
L’ego ha una certa caratteristica: è morto, è di plastica. Ed è molto facile averlo, perché te lo danno gli altri. Non devi cercarlo. Non richiede alcuna ricerca. Ecco perché  se non diventi un 
ricercatore nell’ignoto, non sei ancora un individuo. Sei solo parte della folla. Sei solo massa. Se non hai un centro reale, come puoi essere un individuo?

L’ego non è individuale. L’ego è un fenomeno sociale, è la società, non sei tu. Ma ti dà una funzione nella società, un posto nella società. E se questo ti soddisfa, perderai l’opportunità di trovare il sé. Per questo sei così infelice. Con una vita di plastica, come fai a essere felice? Con una vita falsa, come fai a essere estatico e beato? E poi l’ego crea molte infelicità, milioni. Non puoi vederlo, perché è ‘il tuo buio’. Ci sei abituato.
Hai mai notato che ogni forma di infelicità passa dall’ego? Non può renderti felice, può solo renderti infelice. L’ego è l’inferno. Ogni volta che soffri, cerca di osservare e analizzare, e scoprirai che, da qualche parte, l’ego ne è la causa. E l’ego continua a trovare cause per soffrire.

Una volta ero ospite da Mulla Nasrudin. La moglie lo stava insultando: era davvero arrabbiata, rude, aggressiva, sul punto di esplodere, molto violenta. E Mulla Nasrudin se ne stava seduto in silenzio e l’ascoltava. All’improvviso la moglie si gira verso di lui e gli dice: “E così vuoi andare avanti a discutere!”. E il Mulla: “Ma io non ho detto neanche una parola”. E la moglie: “Lo so, ma hai un modo di ascoltare molto polemico”. Tu sei un egoista, come tutti. Alcuni lo sono in maniera grossolana, in superficie, e non sono casi difficili. Alcuni lo sono in maniera sottile, nel profondo, e rappresentano il vero problema. Questo ego entra continuamente in conflitto con gli altri, perché ogni ego ha scarsissima fiducia in se stesso. Quando non hai in mano nulla e pensi solo di avere qualcosa, ci saranno dei problemi. Se qualcuno ti dice: “Non c’è nulla”, reagirai immediatamente, perché anche tu senti che non c’è nulla. L’altro ti rende consapevole di questo fatto.

L’ego è falso, è nulla. Lo sai anche tu. Come puoi evitare di saperlo? È impossibile! Un essere consapevole, come fa a non vedere che l’ego è falso? E poi gli altri dicono che non c’è nulla – e quando gli altri dicono che non c’è nulla, vanno a toccare una ferita. Dicono la verità – e nulla fa male quanto la verità. Devi difenderti, perché se non ti difendi, se non ti metti sulla difensiva, dove finirai? Sarai perduto. La tua identità andrà in pezzi. Quindi devi difenderti e lottare – per questo ci sono i conflitti. Un uomo che realizza il sé non entra mai in conflitto. Gli altri potrebbero arrivare per scontrarsi con lui, ma lui non è mai in conflitto con nessuno.
È accaduto che un maestro zen passasse lungo una via. Un uomo corse verso di lui e lo colpì. Il maestro cadde. Poi si rialzò e continuò a camminare nella stessa direzione di prima, senza neanche voltarsi. Un discepolo che era con lui rimase scioccato. Gli disse: “Chi era quell’uomo? Cos’è accaduto? Se uno vive in questo modo, chiunque lo può avvicinare e uccidere. E non l’hai neppure guardato, per vedere chi era e perché l’ha fatto”. Il maestro disse: “Quello è un suo problema, non mio”. Puoi scontrarti con un illuminato, ma sarà un tuo problema, non suo. E se vieni ferito in quello scontro, anche quello sarà un tuo problema. Lui non può essere ferito. Sarà come sbattere contro un muro, ti farai male, ma non è il muro che ti ha fatto male.
L’ego è sempre alla ricerca di guai. Perché?
Se nessuno ti presta attenzione, l’ego è affamato. Si nutre di attenzione. Quindi anche se qualcuno litiga o è arrabbiato con te, ti va bene lo stesso, perché almeno ricevi un po’ di attenzione. Se qualcuno ti ama, va bene. Se nessuno ti ama, allora anche la rabbia va bene. Perlomeno riceverai un po’ di attenzione. Ma se nessuno ti dà attenzione, nessuno pensa che tu sia importante, come farai a nutrire il tuo ego? Hai bisogno dell’attenzione degli altri.
Hai milioni di modi per attirare l’attenzione degli altri: ti vesti in un certo modo, cerchi di farti bello, ti comporti bene, sei molto educato, ti modifichi. Cerchi di capire la situazione e subito cambi in modo che le persone ti prestino attenzione.
Questo è mendicare. Un vero mendicante è uno che chiede e pretende attenzione. E un vero imperatore è uno che vive per sé, ha il suo centro, non ha bisogno di nessun altro. Buddha seduto sotto l’albero del bodhi… se il mondo intero scomparisse all’improvviso, che differenza farebbe per Buddha? Nessuna.
Non fa alcuna differenza. Anche se il mondo intero scomparisse, non farà alcuna differenza, perché lui ha trovato il proprio centro.
Ma tu, se tua moglie se ne va, se divorzia e va con qualcun altro, ti ritrovi a pezzi, perché ti dava attenzione, ti accudiva, ti amava, ti stava intorno, ti aiutava a sentirti qualcuno. Il tuo impero è completamente perduto, sei distrutto. E cominci a pensare al suicidio. Perché, se tua moglie ti lascia, dovresti suicidarti? Perché, se tuo marito ti lascia, dovresti suicidarti? Perché non hai un tuo centro. Era la moglie che ti dava il centro, il marito che ti dava il centro.
La gente vive così. In questo modo le persone diventano dipendenti dagli altri. È una grande schiavitù, dipendere dagli altri. Solo una persona priva di ego è, per la prima volta, il padrone – non è più uno schiavo.

Cerca di capire. E comincia a riconoscere l’ego – non negli altri, non sono affari tuoi – ma in te stesso. Ogni volta che ti senti infelice, chiudi immediatamente gli occhi e cerca di vedere da dove arriva quella infelicità. Scoprirai sempre che il tuo centro falso si è scontrato con gli altri.
Ti aspettavi qualcosa, e non è successo. Ti aspettavi una cosa ed è successo l’esatto opposto – il tuo ego è sconvolto, tu sei infelice. Osserva, ogni volta che ti senti infelice, cerca di scoprire perché.
Le cause non sono esterne. La causa prima è dentro di te, ma tu guardi sempre fuori, ti chiedi sempre: “Chi mi rende infelice? Chi mi fa arrabbiare? Chi è responsabile della mia angoscia?”. E se guardi fuori, mancherai il punto. Chiudi gli occhi e guarda dentro. La fonte di ogni infelicità, rabbia, angoscia, è dentro di te, è il tuo ego. E se trovi la fonte, ti sarà facile superarla. Se riesci a vedere che è il tuo ego a creare problemi, cercherai di lasciarlo cadere – poiché nessuno può portarsi dietro la causa della propria infelicità, se la capisce.

E ricorda, non hai bisogno di lasciar cadere l’ego. Non puoi liberartene. Se cerchi di liberartene, svilupperai un ego più sottile che dice: “Sono diventato umile”. Non cercare di essere umile. Di nuovo, si tratta dell’ego che si nasconde, ma non è morto.
Non cercare di essere umile. Nessuno può tentare di esserlo. E nessuno può generare l’umiltà tramite i propri sforzi – no. Quando l’ego non c’è più, in te nasce l’umiltà. Non è una creazione. È l’ombra del tuo centro autentico. Un uomo realmente umile non è né umile, né arrogante. È un uomo semplice. Non è neppure consapevole di essere umile. Se sei consapevole di essere umile, c’è di mezzo l’ego.
Guarda le persone umili. Ce ne sono a milioni che si ritengono umili. Si inchinano profondamente, ma osservale – sono sottilmente arroganti. Ora è l’umiltà il loro nutrimento. Dicono: “Sono umile”. E poi ti guardano e si aspettano i tuoi apprezzamenti. “Sei davvero umile”. Vorrebbero che tu dicessi: “Sei l’uomo più umile del mondo, nessuno è umile come te”. Osserva il sorriso che dopo appare loro sulle labbra.
Che cos’è l’ego? L’ego è un gerarca che dice: “Nessuno è come me, sono l’uomo più umile”.

Una volta è accaduto che un monaco venisse da me e mi parlasse della sua umiltà. Gli ho detto: “Tu non sei niente. Conosco un uomo che è più umile di te”. In preda a un moto improvviso di rabbia, di ego, mi ha detto: “Chi è quell’uomo? Voglio vederlo!”. “Il punto non è questo,” gli ho risposto “non te lo presenterò. Cerca invece di capire, perché l’ego all’improvviso rispunta e dice: ‘Chi osa essere più umile di me?’.”
Una volta un fachiro, un medicante, pregava nella moschea la mattina presto, quando ancora era buio. Di sicuro era una festività religiosa musulmana, e il fachiro pregava dicendo: “Io non sono nulla. Sono il più povero dei poveri, il più grande tra i peccatori”. All’improvviso un’altra persona si mise a pregare: era l’imperatore di quel paese. Non sapeva che c’era lì qualcun altro in preghiera, era buio, e anche l’imperatore diceva: “Io non sono nulla. Sono solo un mendicante alla tua porta”. Quando udì l’altro dire le stesse cose, urlò: “Alt! Chi cerca di superarmi? Chi sei tu? Come osi dire davanti all’imperatore che tu sei nulla, quando anche lui sta dicendo la stessa cosa?”.

L’ego funziona così. È molto sottile. I suoi modi sono molto sottili e ingegnosi. Devi stare molto attento, e solo allora lo vedrai. Non cercare di essere umile. Cerca solo di vedere che ogni forma di infelicità, di angoscia, viene attraverso di lui. Osserva e basta! Non hai bisogno di lasciarlo cadere. Tu non puoi lasciarlo cadere. Chi lo farà? Chiunque sia a farlo, diverrà a sua volta ego – torna sempre indietro.
Qualunque atteggiamento tu scelga, tirati da parte, e osserva, guarda. Qualunque atteggiamento – umiltà, modestia, semplicità – non ti servirà a nulla. Solo una cosa è possibile, ed è il semplice guardare e notare che è l’ego la fonte di ogni infelicità. Non dirlo, non ripetere ‘devo osservare’, perché se io dico che è la fonte di ogni infelicità e tu lo ripeti, non serve a nulla. Devi arrivare a questa comprensione per conto tuo.
Quando sei infelice, chiudi gli occhi e non cercare una causa esterna. Cerca di vedere da dove viene l’infelicità. È il tuo ego. Se lo senti e lo capisci, e la comprensione che l’ego è la causa si radica in te, allora un giorno, all’improvviso, vedrai che è svanito.
Nessuno lo abbandona – nessuno può farlo. Lo puoi solo vedere, e quello scompare, perché la comprensione stessa che l’ego è la causa di ogni infelicità diventa la sua morte. Tale comprensione ne segna la scomparsa.

Sei molto bravo a vedere l’ego negli altri. Chiunque può vedere l’ego di un altro. Quando arrivi al tuo, lì sorge un problema, perché non ne conosci il territorio, non ci sei mai stato. L’intero percorso verso il divino, la realtà suprema, deve passare attraverso il territorio dell’ego. Il falso deve essere compreso in quanto falso. La fonte dell’infelicità dev’essere vista in quanto fonte dell’infelicità. Quando comprendi che è veleno, svanisce. Quando comprendi che è un fuoco, svanisce. Quando sai che è l’inferno, svanisce. Allora non dirai: ho abbandonato l’ego. Ti metterai semplicemente a ridere dell’intera faccenda, poiché eri tu a creare tutta quella infelicità.
Ho visto un fumetto di Charlie Brown. In una vignetta lui gioca con le costruzioni, sta costruendo una casa. Seduto in mezzo ai mattoncini, costruisce le mura. A un certo punto si ritrova prigioniero, intorno ha solo un muro, e si mette a gridare: “Aiuto, aiuto!”. Ed è lui ad aver fatto tutto. Ora è chiuso dentro, imprigionato. È una cosa infantile, ma è quello che hai fatto anche tu. Ti sei costruito intorno una casa, e ora urli: “Aiuto, aiuto!”. E il problema è moltiplicato, perché quelli che vogliono aiutarti sono nella stessa barca.

È accaduto che una donna molto bella andasse da uno psichiatra per la prima volta. Lo psichiatra le disse: “Si avvicini, per favore”. Quando la donna si avvicinò, le saltò addosso, l’abbracciò e la baciò. La donna rimase scioccata. Poi le disse: “Si sieda. Quello serviva per il mio problema. Ora mi parli del suo”.

II problemi si moltiplicano, perché gli altri sono nella stessa barca. Vorrebbero aiutare, perché quando aiuti qualcuno l’ego si sente bene, molto bene – sei un grande benefattore, un grande guru, un maestro: aiuti moltissime persone. Più vasto è il tuo seguito, meglio ti senti. Ma sei nella stessa barca, non puoi essere d’aiuto. Anzi, farai del male.
Le persone che hanno ancora i loro problemi, non possono essere di grande aiuto. Solo qualcuno che non ha problemi può aiutarti. Solo uno così ha la chiarezza di visione, può comprenderti. Una mente priva di problemi suoi può vederti, può diventare trasparente. Una mente priva di problemi suoi può vedere dentro di sé, per questo è capace di vedere dentro gli altri.

In Occidente ci sono molte scuole di psicoanalisi, moltissime. E le persone non ricevono alcun aiuto, anzi, vengono danneggiate. Perché coloro che prestano aiuto, o cercano di farlo, o si atteggiano a benefattori, sono nella stessa barca.

Leggevo le memorie della moglie di Wilhelm Reich, uno degli psicoanalisti più significativi e più rivoluzionari… ma quando si tratta dei propri problemi, ci sono delle difficoltà. 
Nelle sue memorie, la moglie scrive che Reich insegnava agli altri a non essere gelosi, che l’amore non è possesso, è libertà. Ma nei riguardi della propria moglie era sempre geloso. Se lei rideva con un altro, subito si intristiva. Lui faceva l’amore con molte altre donne, ma alla moglie non permetteva neppure di sorridere a un altro, o di sedersi a parlare con un altro. Ogni volta che usciva – per visitare i pazienti per esempio – la prima cosa che faceva tornando a casa era chiedere alla moglie dov’era stata, chi aveva incontrato, chi era venuto a trovarla: un vero e proprio interrogatorio. La moglie dice che lei era semplicemente stupefatta: un uomo così saggio con gli altri, ma con i propri problemi…

È difficile vedere il proprio ego. È molto facile vedere l’ego degli altri. Ma non è questo il punto, non puoi aiutare gli altri. Cerca di vedere il tuo ego. Limitati a osservarlo. Non avere fretta di liberartene, osservalo e basta. Più lo osservi, più ne diverrai capace. Un giorno, improvvisamente, vedrai che non c’è più. E quando se ne va da solo, solo allora ne sei libero. Non esiste altro modo.
Non puoi abbandonarlo prematuramente. Cade come una foglia morta. L’albero non fa nulla. Basta un soffio di vento, una situazione, e la foglia morta cade. L’albero non si rende neppure conto che la foglia morta è caduta. Non fa alcun rumore, non fa alcuna dichiarazione – niente. La foglia morta cade e si disperde nel terreno, come se nulla fosse.
Quando sei maturo in comprensione e consapevolezza, e hai compreso con totalità che l’ego è la causa di tutti i tuoi problemi, un giorno vedrai semplicemente cadere la foglia morta. E disperdersi nel terreno, morire per conto suo. Tu non hai fatto nulla, quindi non puoi dichiarare di averlo lasciato andare. 
Vedi solo che se ne è andato, e che poi è sorto il centro reale. 
E il centro reale è l’anima, il sé, dio, la verità, o qualunque nome tu voglia dargli. È senza nome, quindi tutti i nomi vanno bene. Puoi dargli il nome che preferisci. 

Tratto da: Osho, Returning to the Source # 5





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